Goal
“La figuratività non è un semplice ornamento delle cose: essa è questo schermo dell’apparire la cui virtù consiste nel dischiudersi, nel lasciarsi intravedere, grazie o a causa della sua imperfezione, come una possibilità di senso ulteriore”.
A.G. Greimas

Salvador Dalì ha detto una volta che “la moda è quello che passa di moda”, ciò che non può fare a meno di mutare costantemente. Questa legge della variabilità, che ne costituisce l’essenza, concerne non solo il corpo sociale, ma anche quello fisico, divenuto oggetto di consumo e di investimento di senso. Sempre più indifferente alle leggi della biologia, il corpo umano si modifica liberamente: manipolato, frammentato, deformato e riformato in molteplici maniere - nella messa a punto della migliore identità sociale possibile - esso si confonde con ciò che lo involucra e lo circonda, stabilendo un flusso ininterrotto di scambio. E anche là dove si rifiuta l’ossessione visiva della cultura dominante, l’urgenza di una buona visibilità impone, latentemente, di rendere tale rifiuto il più possibile visibile: esiste quasi sempre una dialettica sottile tra il mostrare e l’occultare; il quadrato logico-semiotico inquadra e visualizza il concetto: mascherato - anonimo, esibito - nascosto.

L’ipervisibilità sociale e l’esibizione costituiscono una maschera pubblica, un filtro trans-parente che lascia vedere e insieme nasconde; esibire una forte identità, occultando la vera identità personale, permette di uscire dall’anonimato di quella parte silenziosa che né si esibisce, né si nasconde. La questione, oggi, si pone dalla parte della maschera, cioè del gioco incessante tra l’individuo e l’aspetto che copre scoprendo e scopre coprendo, mentre il rimosso del corpo resta vitale, in magma di ribellione.

Background

La moda, per definizione formale, è il “complesso di atteggiamenti, consuetudini, modelli di comportamento che si affermano a livello collettivo come attuali e adeguati al gusto del momento, in relazione a un determinato periodo storico e a una determinata area geografica e culturale”. In quest’ottica, anche lo studio della modularità della storia che si ripete è fonte d’interesse. In particolare, vista la tematica della progettazione dell’esposizione in atto, la natura dell’uomo come attore all’interno di un teatro politico, sociale e storico.

Partendo dal quadrato logico-semiotico (mascherato-anonimo, esibito-nascosto), verrà subito alla mente la grande opportunità di combinazioni dei campi a cui si può rivolgere. Nello specifico del nostro ambito di ricerca, crediamo che non ci sia personalità e modalità di esternazione di sé (in tutte le sue sfaccettature psico-fisiche), che non sia completamente legata alla situazione geo-politica-sociale in cui è immersa. Parafrasando Steiner (Grammatiche della creazione), anche nelle situazioni estreme in cui alcune personalità di spicco hanno raggiunto soluzioni anticipatorie, il tempo storico era “pronto” per ricevere tale cambiamento.

La moda, per tanto, varia nella latitudine e nella longitudine e attraverso le soluzioni politiche e sociali che s’instaurano. Per questo l’individuo prende connotazione sociale, piuttosto che personale, anche rispetto a situazioni di condizioni di vita estreme. Parliamo, ad esempio, del fenomeno della migrazione. Vorremmo concentrare l’attenzione sulle popolazioni che in questi anni stanno percorrendo in lungo e in largo vari Stati per riuscire a trovare una condizione di vita migliore e dove poter iniziare a sperare in una prospettiva di crescita. Sono proprio queste le persone di cui vorremmo parlare, astraendo, già in questo primo punto, il concetto di “moda”, modello comportamentale legato alla fuga e alla ricerca di nuove soluzioni di vita. Moda che si ripete da decenni.

L’andamento politico e le scelte sociali si dividono: le normative contro l’accoglienza, la fredda legge contro il calore umano.

Idea
In Europa e nel mondo, i flussi migratori vengono affrontati in maniera del tutto differenti. In questo periodo di forte presenza del fenomeno, la soluzione più evidente è quella di creare delle barriere che confinino i profughi entro certi limiti. Alcune di queste soluzioni si sono rese concrete nell’edificazione di un muro, di cemento precompresso, filo spinato o reti di metallo. Quello che ci interessa maggiormente è analizzare e comprendere i comportamenti di grandi gruppi di persone che, attraverso un lungo percorso sociale, sono arrivate ad organizzarsi politicamente e prendere decisioni attraverso sistemi di demandamento al voto di un rappresentate e scelte attuative. Il compromesso storico-sociale-politico che le ha portate all’oggi. Alla moda, quindi, di scelte già avvenute nel tempo con soluzioni più o meno efficaci. Ad individui che “fanno” la storia, scegliendo per milioni di persone, attraverso la loro indole subordinata (si spera!) alla volontà pubblica, ai loro personalissimi interessi, alla loro capacita di nascondimento e di farsi portavoce, alla tensione della visibilità e della notorietà a lavorare dietro le quinte. Il nostro punto di vista vuole cogliere ciò che sta succedendo in Europa come soluzione politica, attuata da persone fisiche, al fenomeno migratorio: il muro. Questo è il simbolo, a nostro avviso, dell’incapacità di comunicazione tra i governi delle nazioni, marchio dell’insostenibilità di un gioco di potere che ci rimanda indietro nel tempo, un chiaro esempio di moda del nostro tempo. Storicamente, è inutile parlare di Berlino o della Città Proibita, della Cina e di Gerusalemme: sono situazioni che abbiamo già dentro e che conosciamo alla perfezione.

Vorremmo parlare dei rifugiati chiedenti asilo polito e dei profughi che lasciano il proprio paese d’origine a causa di situazioni socio-economiche non vantaggiose e degli Stati a cui chiedono ospitalità. Dalla Siria, vanno via 4,8 milioni di persone, dall’Iraq 3,5 milioni, dall’Afghanistan 3,6 milioni e dal Pakistan 262 mila. I flussi migratori interessano Turchia, Grecia, Macedonia, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Italia, Austria, Germania e Svezia. Da gennaio 2014 la Bulgaria ha edificato un muro di rete, alto 3 m e lungo 100 km; da novembre 2015, al confine tra Ungheria e Serbia è presente un muro di filo alto 4 m e lungo 175 km; da dicembre 2015 tra Austria e Slovenia, ce n’è uno di filo, di 4 km facilmente estendibile a 30 km e da dicembre 2015, tra Slovenia e Croazia, uno di 166 km. Tra Macedonia e Grecia ci sono 54 mila persone che vorrebbero oltrepassare il confine e tra la Turchia e la Siria il confine è stato militarizzato. L’Italia, godendo del mare su tre quarti dei confini, non può edificare muri, ma può soltanto controllare il flusso: lo fa attraverso l’ operazione Sophia, in cui circa 1 milione di migranti provenienti dall’Africa chiede di entrare. In Nigeria ci sono 50 mila profughi, in Sudan 230 mila, in Somalia 1 milione sono in fuga, nella Repubblica Centro Africana, 470 mila scelgono di fuggire, dallo Yemen 2 mila, dal Congo, 535 mila e dall’ Eritrea 5 mila al mese. Le soluzioni “anti” profughi sono dalle più disparate e i confini dei percorsi migratori sono tutti chiusi o filtrano i profughi dai richiedenti asilo. Russia e Norvegia, Austria e Germania, Danimarca e Svezia hanno attuato soluzioni di rimpatrio e quelle di accoglienza, ma, purtroppo, il 60% dei profughi è di natura economica.

Concept
La natura della mostra in programmazione, ci permette di affrontare il tema su più livelli e con una libertà d’interpretazione più ampia di quanto possa dichiarare. La moda, per noi, sebbene si differenzi peculiarmente tra gli individui della stessa estrazione geografica, politica e sociale, può essere guardata anche attraverso gli occhi storici di avvenimenti salienti e nella quotidianità. Pensiamo ad un simbolo forte di occultamento e di visione utopistica, di demarcazione e di frazionamento; una presenza fisica di distanza e di confine, di dicotomia e di proiezioni personali; una nota di voyerismo come atto distintivo di ricerca e quella della sovraesposizione. Un oggetto artistico, quindi, che racchiuda in se una storia ma che ne racconti una diretta all’osservatore, che possa farlo sentire all’interno della matrice mascherato-anonimo, esibito-nascosto. Non vogliamo dare una lettura personale (sarebbe anche questa una moda legata al qui e al dove, e allo scopo di emergere?) del tema dell’esposizione, ma progettare uno spazio in cui il fruitore, protagonista ultimo, si possa interrogare personalmente. Può identificarsi, così, con i vari attori del progetto: da una parte lo Stato, nella figura attuativa del politico, che costruisce il muro; il profugo che si trova davanti scelte dicotomiche tra restare vs partire, attraversare vs camminare, sognare vs essere sveglio, auspicare vs essere realisti; la società, nella percezione pubblica, che assorbe la contesa ed il gioco di forze, che si ritrova immersa in uno stato di cose in cambiamento.

Per queste ragioni pensiamo alla costruzione di un muro di cemento e mattoni, all’interno dello spazio espositivo, che dividerà e/o chiuderà uno spazio. Il muro sarà costruito in fretta e saranno presenti delle fessure orizzontali tra un mattone e l’altro che permetteranno di osservare aldilà del confine. Prevediamo un sistema di telecamere puntate sul muro, che trasmetteranno ad un proiettore su un videowall dalla parte opposta. Il visitatore, attraverso gli spazi, guarderà se stesso mentre spia all’interno delle fessure, descrivendo, così, un loop.

Vogliamo parlare al fruitore, permettere un’esperienza visiva e concettuale. Il percepire un muro come evento di “moda”, che ostacola il passaggio e la vista, creando una tensione di curiosità e di aspettativa, ciò che i migranti auspicano per loro. Il rimando alla sua stessa figura all’interno, ci suggerisce il concetto di ripetibilità nel tempo della moda e della presenza dell’uomo negli ingranaggi della storia. Guardarsi guardare attraverso una barriera vuole indicare tutto ciò che utopico cui tendiamo.

Riferimenti
Dizionari, dizionari.corriere.it, Dizionari, Italiano;
Steiner George, Grammatiche della creazione, Garzanti libri, 2003;
Gabanelli Milena, Report, Emergenza migranti, Raitre, 08 maggio 2016;